Nell’articolo sulla nascita della depressione (https://www.michelacampanella.it/depressione-come-nasce/ ) abbiamo visto come si struttura questo problema che può invalidare la vita di chi ne soffre.
Nonostante i volti della depressione possano essere differenti, c’è un tentativo di soluzione disfunzionale comune a tutti coloro che ne soffrono, la rinuncia. Questa rinuncia assume varie connotazioni che danno vita a delle differenze nel quadrante depressivo:
- La persona può mettere in atto la rinuncia, delegando ma in questo modo diventa vittima di se stessa “(io sono incapace, sono io quello sbagliato, gli altri non sbagliano, di conseguenza rinuncio”)
- La persona può rinunciare arrendendosi , diventando vittima di sè ( “Pensavo di essere capace, invece non riesco più”) o degli altri (“Credevo negli altri ma adesso mi hanno deluso”)
- La persona può rinunciare pretendendo, diventando vittima del mondo ( “Io ho dei principi, ma il mondo non li rispetta, non sono io che devo cambiare ma gli altri)
In tutti i casi la persona rimane concentrata su ciò che non funziona, vede tutto negativo, si sente impotente e automaticamente rinuncia. Realizza ciò che teme, quello di non essere in grado di farcela.
In questo scenario, i volti differenti della depressione emergono:
- La persona che rinuncia arrendendosi che si sente vittima di sè o degli altri , è un Illuso Deluso di sè e Illuso degli altri. Credeva in qualcosa che ora non esiste più. Non ha più il controllo che credeva di avere.
- La persona che rinuncia pretendendo, sperimenta che le sue convinzioni di giustizia e correttezza sono inutili, ed è definito il Moralista.
- La persona che delega, crede di non essere mai stata capace di fare nulla, di reagire, di essere un fallimento, ed è definito Depresso Radicale.
Analizziamo meglio ogni volto:
Depresso Radicale
In questo caso il pensiero negativo è totalizzante, di solito sono persone che riferiscono di essere state sempre depresse. Nella loro vita sconfitte reali o immaginarie hanno alimentato la credenza di non farcela. Del resto il credere di non potercela fare è già non farcela.
Questa certezza permea la loro vita.
Molti credono di essere biologicamente svantaggiati, pensano che un evento in qualche modo posso averli segnati o che il problema ci sia sempre stato fin dalla nascita. Hanno delle carenze motivazionali e ogni cosa che fanno è connotata dalla mancanza di piacere.
Nella sintomatologia non è raro trovare persone che soffrano di sintomi che possono sembrare di natura medica; disturbi dell’appetito, ansia generalizzata, affaticabilità.
Il comportamento rallentato, demotivato che impedisce le normali attività, spingono la persona a rinforzare la sua idea, che sia lui quello sbagliato ed il resto del mondo giusto.
Qui a differenza degli altri tipi di depressione, la credenza non si è infranta ma anzi si rinforza e irrigidisce. La certezza di essere sbagliato.
In questo caso la terapia deve creare una credenza alternativa, cercando di portare la persona a scoprire quelle risorse che crede di non avere mai avuto.
L’obiettivo è di aiutare la persona a guardare la sua credenze da un altro punto di vista, aggiungendo dei dubbi alle sue certezze.
Illuso deluso di sè
La persona scopre o dimostra a se stessa di non essere come pensava di essere. L’evento che ha dimostrato la sua incapacità, la sua mancanza di coraggio, può essere un forte stress, un lutto, una malattia, un imprevisto o l’aver perso una buona occasione, ritenuta irripetibile.
Ogni successo viene visto come qualcosa di scontato, ogni insuccesso vissuto vale doppio. Spesso è malinconico quando ricorda il passato ed il presente viene vissuto come immodificabile.
Non si perdona errori passati, per lui è inconcepibile sbagliare ed essendo intransigente con se stesso, nella sua testa merita l’autopunizione.
Sono persone che gareggiano per vincere, in caso contrario si sentono fallite. La rinuncia in questo caso li ha portati a delegare, perchè si sentono incapaci e non si fidano più di loro stesse.
Sentono di non essere più quelli di prima, in quanto hanno fallito e per loro solo la vittoria è accettabile. Hanno problemi di concentrazione, rimpianti, dubbi. Subentra un’assenza di desideri, un’inerzia con annessa autocommiserazione. Sovente c’ è la disperazione e il pianto .
Si sentono stanchi, affaticati, il riposo continuo è il sintomo della rinuncia. Non sentendosi più quella di prima, la persona riduce le attività limitandole all’indispensabile, in questa situazione, non è esclusa la presenza di pensieri suicidi.
In pratica la persona è come se avesse interrotto una “relazione d’amore” con se stessa, si sente tradita, sfiduciata.
In questo caso la terapia dovrà bloccare il tentativo di soluzione messo in atto dalla persona, che è la rinuncia con delega.
Illuso deluso degli altri
In questo caso c’è un evento critico che la persona reputa non superabile e di conseguenza si arrende. Si sentono vittime che subiscono i comportamenti o i torti degli altri.
Si arrendono e sperano che gli altri riparino al torto che credono di aver subito. Sono persone che hanno sempre concesso fiducia agli altri e si sono sempre mostrate disponibili nei loro confronti.
La credenza di base è che se si mostrano disponibili e compiacenti nei confronti del prossimo possono gestire il prossimo e di conseguenza fidarsi. Tuttavia ad un certo punto nella loro vita, subentra l’imprevisto. Un licenziamento, un tradimento sentimentale, una delusione da parte di un amico e la credenza di base, crolla.
Da qui iniziano pensieri ossessivi, una rimuginazione continua sull’evento doloroso, c’è una difficoltà nel concentrarsi e una difficoltà nel prendere decisioni.
Dal punto di vista emotivo, ci sono sentimenti di delusione, sentimenti di disperazione. Quello che risulta evidente è una spiccata autocommiserazione, il bisogno di mostrare al mondo la propria sofferenza. Il versante somatico è connotato da disturbi del sonno e dell’alimentazione, talvolta vi sono dolori diffusi o localizzati.
Anche in questo caso la terapia dovrà lavorare sulla rottura della credenza iniziale.
Il Moralista
In questo caso abbiamo a che fare con persone oneste, corrette, intransigenti nei confronti di se stesse e degli altri. Pretendono che il mondo e gli altri siano diversi, combattono ma solo a livello di pensiero.
Il moralista si aspetta giustizia e correttezza da chi ha accanto ma non ricevendola, si arrende e combatte a livello mentale con pensieri ossessivi, vivendo in un costante stato di rabbia e frustrazione.
Di solito sono persone che rimuginano mentalmente, hanno pensieri aggressivi e un linguaggio carico di biasimo. Hanno il desiderio di cambiare un mondo ingiusto ma ci rinunciano a livello comportamentale, perchè è un’impresa più grande di loro.
Non si mettono in discussione perchè hanno delle credenze che ritengono giuste e che secondo loro tutti dovrebbero avere per costruire un mondo migliore. Di solito oscillano tra passività e aggressività, evitano i rapporti sociali e hanno uno stile vittimistico.
Esprimono apatia e fatica, la rabbia ed il rancore portano una continua frustrazione, perchè trattenute. Nel caso in cui dovessero perdere il controllo, potrebbero mettere in atto condotte potenzialmente aggressive.
In pratica si sentono vittime del mondo.
Terapia Breve Strategica
In conclusione, con ogni volto della depressione, la terapia breve strategica utilizzerà un particolare tipo di comunicazione, non consolatoria ma con un linguaggio, talvolta provocatorio e direttivo, altre volte metaforico e analogico, per fare in modo di sbloccare la persona dalla sua posizione vittimistica e di rinuncia.
Il paziente verrà condotto gradatamente a sperimentare delle esperienze concrete che possano modificare la percezione della sua realtà irrigidita e non funzionale
I Farmaci?
Da questa breve trattazione abbiamo visto come la depressione nella maggioranza dei casi nasca da una credenza irrigidita dell’individuo, da un evento fortemente stressante o talvolta da un altro disturbo che può precedere la depressione.
Questa visione ovviamente non collima con quella corrente di pensiero che vede la depressione come uno scompenso biologico e con la sua conseguente cura farmacologica.
Ovviamente in alcuni casi il farmaco è indispensabile, ma quando si può intervenire senza il rischio di effetti collaterali, lavorando affinchè il paziente riattivi le sue risorse personali e cambi la percezione della sua realtà, attraverso un percorso terapeutico, è sempre preferibile.
La depressione è una prigione dove siete sia il prigioniero della sofferenza che il carceriere crudele. (Anonimo)
(Muriana E, Pettenò L, Verbitz T. I volti della depressione, Ponte Alle Grazie, Milano, 2011)